Esordio interessante e
davvero gradevole questo dei romani Laviantica, band con alle spalle una
carriera iniziata addirittura nei primi anni ’90 con il nome Alterego, gruppo
che non ha mai inciso nulla (fa eccezione il singolo Birds without wings) e che si muoveva lungo le coordinate del new
prog imperante, quello di Pendragon, Marillion ed Ezra Winston. Il nuovo
monicker, dopo un prolungato periodo di rallentamento, porta in dote un
ensemble più attento all’aspetto melodico che a costruire brani complessi o eccessivamente
stratificati, una cura per la forma canzone, anche orecchiabile, che non
disdegna comunque al suo interno trame progressive di buon livello. Le tracce
scorrono veloci, l’alternanza tra la chitarra elettrica di Marco Palma e quella
acustica di Paolo Musolino risulta piuttosto azzeccata e i due stili si
amalgamano con efficacia. Convince anche la voce di Paolo Perilli (impegnato
anche al basso) e la batteria di Andrea Schiappelli sicuro, preciso e mai sopra
le righe. La triade iniziale Nel vento,
Sole, La pioggia appare quasi una piccola e suggestiva suite e ricorda
per vocazione Elementi delle Orme,
mostrando belle doti di songwriting e anche una certa personalità, perché se è
vero che ci sono dei riferimenti quasi inevitabili al prog rock settantiano
(come il Banco del Mutuo Soccorso o la Premiata), è anche vero che i Laviantica
tentano di proporre qualcosa che se ne smarchi e che non risulti troppo vintage.
Il gruppo non ha nelle corde pomposità e grandeur e preferisce muoversi
proponendo intuizioni e atmosfere dal sapore cantautorale o beatlesiano, senza però
risultare stantii o tediosi. In questo possono essere avvicinati agli Altavia e
agli Elisir D’ambrosia, giovani act che hanno i ’70 nel dna ma li rivisitano
con una certa dose di libertà e leggerezza nell’approccio, ma anche ai
Marillion post Fish e in parte ai Porcupine Tree. Emergono in maniera
prepotente Icaro (tema tra l’altro
affrontato anche dai savonesi Il Cerchio D’oro), momento di grande intensità e
la lunga Laviantica, strumentale di
11 minuti impreziosito dalla presenza del violino di Laura Senatore. Qui
emergono doti tecniche venute fuori un po’ meno nel corso del disco e l’assenza
del cantato non inficia per niente il risultato ma sottolinea le capacità dei
singoli ulteriormente. Da citare infine la deliziosa title track in cui compare
la brava Alice Pelle alla voce. Clessidra
risulta fresco e soprattutto piuttosto curato e pensato, in special modo
negli arrangiamenti, dove il gruppo mi pare abbia posto parecchia attenzione ed
equilibrio. Un lavoro accattivante e molto piacevole. (Luigi Cattaneo)
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